giovedì 31 gennaio 2013

SOLSTIZIO D’INVERNO - dalla Potenza all'Atto


 
L’inclinazione dell’asse terrestre fa si che il sole, nel suo ciclico moto apparente intorno alla terra, non sorga né tramonti sempre nello stesso punto dell’orizzonte, ma segua un percorso lungo una linea chiamata eclittica. Nel nostro emisfero il sole raggiunge nel solstizio d’inverno, tra il 21 ed il 22 dicembre, il punto di declinazione minima lungo l’eclittica: è il giorno con il periodo di illuminazione più breve: al termine di un percorso discendente, esso “sosta” (sol-statio) brevemente nel cielo, per poi riprendere il suo percorso ascendente.
Dopo i fulgori della piena luce estiva, succede il periodo dell’affievolimento, durante il quale la luce sembra volersi progressivamente raccogliere su se stessa, fuggire dalla vista del mondo per concentrarsi in un punto, come se desiderasse ritemprarsi e accumulare nuove energie per tornare poi ad irraggiarsi con rinnovato vigore.
Il sole che torna a riempire di sé il cielo, dando luce e calore alla terra e propiziando così il risveglio della natura, è la manifestazione più evidente ed intuitiva della ri-nascita, del rinnovamento della vita.

Non stupisce quindi che il fenomeno astronomico del solstizio d’inverno, in quanto punto di svolta del ciclo solare, abbia assunto un elevato valore simbolico e sia stato associato da molti popoli, tanto presenti quanto passati, all’evento fondante delle rispettive civiltà e culture, collocandovi tradizionalmente la nascita delle proprie divinità maggiori.
 
 Tra il 21 ed il 25 dicembre, infatti, gli antichi Egizi festeggiavano la nascita dei loro Dei Solari: Osiride, il Salvatore, figlio della Dea Vergine Neith, e Orus, figlio di Iside. Nella religione mitraica le maggiori cerimonie in onore di Mithra, il Mediatore, venivano fatte il 25 dicembre. Il gene­tliaco di Bacco in Grecia e di Adone in Siria erano celebrati al solstizio d’inverno, a Babilonia la dea Istar dava alla luce il dio Tammuz, suo unico figlio, mentre nel Messico pre-colombiano nasceva il dio Quetzalcoath e l’azteco Huitzilopochtli; Zaratustra in Azerbaigian; Buddha, in Oriente; Krishna, in India; e l’elenco potrebbe continuare.

Nell’antica Roma, ai tempi dell’impero, una cerimonia an­nuale salutava il “Dies Natalis Solis Invicti”, il giorno della nascita del Sole invin­cibile, che era praticamente incluso all’interno di un più vasto ciclo di festività che i Romani chiamavano Saturnalia, tra le più importanti dell’anno.
Apparve pertanto naturale anche per la nascente religione Cristiana collocare la nascita di Gesù il Cristo nel medesimo periodo. La scelta definitiva per il 25 dicembre fu fatta dal papa Giulio I nel 390.
Naturalmente per ciascuna delle civiltà e religioni citate l’evento da commemorare era ed è la nascita del Dio, non il solstizio in quanto tale. Ma la potenza evocatrice del fenomeno, la sua valenza archetipica, è così forte che per tutte quelle espressioni religiose è risultato opportuno collocare le proprie celebrazioni principali in tale periodo dell’anno.
La forza del solstizio non sta nel fenomeno in sé, ma in ciò che può evocare alla mente, al simbolismo che l’uomo vi associa e che può essere in grado di risvegliare in lui quell’attenzione e quella consapevolezza che possono condurlo verso la conoscenza del proprio essere.
Al di là quindi delle forme specifiche che ciascuna espressione religiosa ha assunto presso ogni cultura, noi vorremmo cercare di evidenziare quel senso universale, quell’aspetto della Tradizione Primordiale che hanno in comune, e che si connette al solstizio d’inverno quale evento più idoneo a simboleggiarlo.
Noi scorgiamo, in questo ciclico rinascere del sole, il palesarsi della forza del “Fiat Lux”, l’evento primigenio per il quale la Luce emerse dalle Tenebre, rendendo così manifesto il disegno Divino. E’ quindi la celebrazione della Creazione, dell’origine della vita quale noi la conosciamo e che ogni religione attribuisce al volere della propria divinità creatrice, che viene associata alla rinascita del sole. Questo suo spengersi per poi tornare ad irradiarsi per essere il principale fautore del rifiorire della natura, ci rende in qualche misura memori dell’evento primordiale della creazione, quale momento culminante di un processo di maturazione nel quale la mente di Dio pensa se stesso ed emana la propria potenza, la propria grazia, la propria idea di Sé, per far fiorire la vita. Ciò che era in potenza è ora in atto, nella forma e nei modi da Dio voluti.
In questa ottica, l’evento primigenio della Creazione riacquista una dignità ed un ruolo di primo piano, che non viene vanificato dal supposto comportamento degenerativo dell’umanità, alla quale si addebita la causa del male presente nel creato, tanto da rendere necessario un intervento riparatore in grado di “redimerla”. In particolar modo nella religione Cristiana, questo aspetto ha preso il totale sopravvento, tanto da relegare la creazione in secondo piano rispetto al risalto dato al “sacrificio” ed all’opera salvifica del Cristo. Ma se consideriamo il male come un aspetto nel quale necessariamente si estrinseca il dualismo che conforma la realtà nel nostro piano dell’esistenza, possiamo allora rivedere sotto una diversa luce la valenza della Creazione, anche in rapporto alla figura del Cristo. Allo stesso modo, anche negli gnosticismi prevale un atteggiamento negativo nei confronti della Creazione, in quanto si pone l’accento esclusivamente sul ruolo del Demiurgo e sulla “prigionia” alla quale quest’ultimo ha costretto la spiritualità dell’uomo.
Ma se veramente, come a noi sembra, la grande importanza attribuita all’evento del solstizio d’inverno adombra una devozione antichissima all’opera creatrice di Dio, nonostante il maggiore accento che da 2000 anni si attribuisce alla sua opera salvifica e riparatrice, allora dobbiamo vagliare quell’evento primordiale sotto una diversa luce.
Per farlo, ci avvaliamo della cosmogonia gnostica, che rende conto della Creazione in questi termini: nell’Avan-principio, prima ancora dell’essere e del non essere, il Pro-pator, l’unità primordiale che regna nel silenzio, non è nessuna delle cose, benché le contenga tutte in potenza nel proprio pensiero. E quando egli espresse il suo pensiero, prendendo coscienza di Sé, emanò la Parola, il Logos, la vibrazione-suono che diede origine alla serie di emanazioni successive delle quali la materia ed il mondo sensibile che ci circonda sono la risultante da noi conosciuta. Nel passare dalla potenza all’atto, il Pro-pator diviene Pater, Padre, e il Pro-archè diviene Archè, Principio, attraverso la Parola, che come tale è espressione di un pensiero Divino che tra tutte le possibilità ha scelto per l’essere e non per il nulla (non-essere). Sin dall’origine, sin nel pensiero divino ha preso forma e si è poi manifestata la “sostanza” che ci compone, la quale si è ispessita, condensata, appesantita passando per successive emanazioni e allontanandosi dalla fonte primaria, ma che resta comunque la risultante del progetto, della volontà manifesta del Dio Ineffabile.
L’energia del pensiero in atto è l’amore, che non è amore senza l’oggetto da amare. Per cui l’Ineffabile emana l’oggetto amato. E nella pienezza del Pleroma, la sfera divina nella quale brilla la Vera Luce, la volontà creatrice della Parola-Logos emana la forma dell’Uomo Celeste, l’Adam-Kadmon archetipo dell’Umanità.
Quella della Genesi, la Creazione narrata dalla Bibbia ed opera del Demiurgo, è solo l’ultima parte del processo, l’ultima delle fasi emanatorie. Per quanto alcuni gnosticismi sono portati a considerarla solo in termini negativi, in quanto tramite essa il Demiurgo ha imprigionato l’essenza divina nella pesantezza della materia, provocando persino la cancellazione del ricordo della propria reale origine, noi siamo dell’avviso che la Creazione debba essere comunque considerata parte integrante dell’originario progetto divino del Padre Ineffabile: il Demiurgo è un essere divino, che volendo imitare il Principio, ha modellato la “sostanza”  primordiale, e ad imitazione dell’Uomo Celeste, ha dato origine all’umanità ed al nostro mondo sensibile. Quale risultante di un disegno dell’Unico, non possiamo attribuirgli valenza negativa: l’errore non è la creazione in sé, ma il fatto che il Demiurgo l’abbia considerata esclusivamente opera sua e pensasse che essa potesse brillare di luce propria, il fatto che Egli si ritenesse il riferimento e il potere ultimo per quel suo mondo, mentre il Potere era altri sopra di lui. Egli tiene gli uomini nell’inganno e nella menzogna, facendogli credere che la nostra dimensione sia la sola, unica e vera realtà, mentre non è che un riflesso, una copia della Primordiale Realtà che dimora nel Pleroma. 

Dare centralità alla volontà creatrice del Dio Ineffabile, inoltre, implica dare risalto alla figura dell’Uomo in rapporto a Dio stesso. Poiché è nel Suo disegno che l’uomo, dotato di intelletto, sia ontologicamente in grado di pensare Dio, ciò lo rende “creato a Sua immagine”, perché anch’esso dotato della capacità del pensiero creativo, e quindi anch’esso in grado di passare dalla potenza all’atto, ovvero di rendere operante quella valenza divina intrinsecamente posseduta. L’uomo in grado di rintracciare in sé questa scintilla, questa eredità o valenza divina, ha in potenza la capacità di reintegrarsi con l’Origine, evento al quale lo stesso Dio anela per ricostituire la pienezza del Pleroma. A nostro giudizio il disegno sottostante alla creazione è finalizzato e necessario, risponde cioè ad un preciso progetto divino e tende ad una “evoluzione” e ad una sempre maggiore consapevolezza e presa di coscienza da parte dell’uomo circa il proprio destino ultimo, che deve essere quello del proprio ricongiungimento spirituale col Padre, al fine di ricomporre l’unità del Tutto. 

Ma in questa ottica non serve una azione “redentrice” per un peccato commesso (quello di esistere?), quanto piuttosto un risveglio delle coscienze, una rinnovata consapevolezza dell’uomo circa la propria origine e potenzialità, una percezione del Vero oltre la realtà adombrata, la ricerca di una “via” che possa condurre alla reintegrazione: è questa la missione compiuta dal Cristo, che con il sacrificio di sé sulla croce degli elementi ha reso possibile la propria ascesa alla casa del Padre, indicando così a tutti la strada da compiere e rendendo completa la creazione, perché ciò che “dal Padre proviene, ad Egli possa fare ritorno”.
E da 2000 anni, al solstizio d’inverno, festeggiamo la manifestazione del Cristo, attraverso la nascita di Gesù, che rappresenta il fior fiore della creazione divina: è il Dio Ineffabile che si manifesta non solo nel creato, ma mediante il suo stesso Spirito incarnato, uomo tra gli uomini affinché possa radunare gli spiriti risvegliati e indirizzarli alla reintegrazione con il Pleroma.

Si intravede il compimento al quale deve necessariamente giungere il processo che ha avuto origine con la Creazione, un processo tuttora in atto ed in itinere finché il nostro ritmo ciclico di Vita-Morte  possa completarsi, ad imitazione del Cristo, con la Resurrezione o ritorno alla casa del Padre.

 Per gentile concessione della rivista “Conoscenza”

edita dall’Accademia di Studi Gnostici – Via San Zanobi, 89 – Firenze

 Abbiamo scelto di pubblicare questo articolo, di taglio prettamente gnostico, per i numerosi spunti di riflessione che può offrire anche in ambito massonico. In particolare, l’assumere il solstizio d’inverno quale evento che ciclicamente ci ricorda l’importanza del passaggio dalla potenza all’atto, è un invito a rendere effettivi gli ideali e gli insegnamenti che l’Istituzione massonica ha fatto propri: ogni Fratello è chiamato a rendere operativi i superiori valori e le capacità che il lavoro al riparo delle Officine ha prodotto in lui. E come nell’articolo si afferma che la Creazione trova compimento con la presa di coscienza da parte dell’uomo della sua reale provenienza divina, quale condizione necessaria per ambire a ricongiungersi con il Regno del Padre, così l’iniziazione massonica, che determina l’ingresso, la “nascita” entro la famiglia iniziatica massonica, trova compimento in un percorso che conduce alla reale assimilazione dell’insegnamento insito nella maestranza, suprema meta per ogni Fratello: anche in questo caso si tratta di “Risorgere” in questa vita ai superiori valori della Fratellanza, quale condizione per superare i limiti insiti nella nostra finitezza materiale.

“L’avvicinarsi del Natale che col solstizio d’inverno segna il rinnovarsi di un evento carico di simboli ancestrali, religiosi ed anche poetici ci invita a riflettere sul significato profondo della Rinascita o Rinnovamento della dimensione terrestre. Rinnovarsi, rinascere spiritualmente è ampliarsi, cioè rendersi disponibili a conoscenze più vaste; e ci ampliamo solo negli altri; e ogni vita ha già in sé la possibilità del rinnovamento, della Rinascita.
Il Solstizio d’inverno prelude ad un nuovo inizio, e, a fronte di ogni reinizio annuale, si aprono ogni volta opportunità di cambiamento in meglio; così ogni passaggio da un anno all’altro è un evento che induce a riflettere sui passi falsi fatti, sui propositi falliti, sulle speranze disattese.
La vita fluisce in continuazione e nel suo decorso pervade esseri e cose con i suoi accadimenti lieti e dolorosi per portarli tutti al loro compimento, come ogni fiume va verso la sua ultima foce” (Loris Carlesi).
Adoperiamoci, Fratelli, per compiere la nostra missione, non indugiamo, non lasciamoci sopraffare dal timore della nostra inadeguatezza o dalle difficoltà che potremmo incontrare nel nostro cammino: ricordiamoci che a similitudine del ciclo solare, ai picchi succedono le valli, alle cadute le risalite: così come non dovremmo godere dei successi, che sono comunque destinati ad essere temporanei, non dobbiamo in egual misura lasciarci avvilire e vincere dai momenti bui, perché la luce è destinata a risplendere di nuovo nella sua pienezza.
 
A.T. Firenze

 

Il cammino massonico


 
Il presupposto affinchè si venga accolti come fratelli nella Comunità Massonica  è quello di essere liberi , di buoni costumi e soprattutto di non essere vacui, sciocchi.  Il concetto di libertà nella sua simbologia prevede diverse spiegazioni , ma quella a che più mi interessa è  legata al movimento ,  intenso come attività dinamica della conoscenza nello  spazio mentale. In natura tutto è movimento è tutto è regolato da leggi che solo attraverso un cammino scientifico si possono lentamente scoprire . Il tegolato viene accolto e fatto deambulare in modo , fisico, differente dal suo ingresso nel tempio , anch’esso fisico , fino all’arrivo nella loggia. Durante questo percorso quindi , movimento , esso transiterà in due luoghi d’importanza fondamentale per la sua formazione, il Gabinetto di riflessione ed il Vestibolo o Sala dei Passi perduti .La dinamicità del moto si esplicherà in forma differente con la stasi obbligata nel gabinetto di riflessione prologo al dualismo del movimento successivo.

Perché parlo di dualismo?

Perché l’atto del percorrere lo spazio fisico dal gabinetto di riflessione all’ingresso in loggia  presuppone la perdita delle scorie profane ed il contemporaneo ingresso in una nuova dimensione , tutto questo con il solo movimento deambulatorio. La permanenza nel gabinetto di riflessione con la sua simbologia , occulta al tegolato , innesca il movimento dei pensieri che contraddistingue tutti i fratelli massoni , da quando si è in nuce fino all’ultimo attimo di vita terrena .

La nostra mente deve trasformarsi in un virtuale atanòr  dove il movimento misurato e paziente dell’achimista mescola per giungere al dissolvimento della materia informe per giungere all’oro .Quindi ancora movimento , ma movimento equilibrato , come devono essere i passi della marcia di accesso al tempio dove ogni azione ha regola con ogni particolare , dinamico,attinente alle qualità ed i privilegi di chi entra in loggia , il posizionamento dei piedi , la progressione numerica dei passi in avvicinamento , il senso geometrico della marcia.

Ancora movimento !

La dinamicità comunque non si arresta con raggiungimento del proprio posto ma vive progredisce e prospera nei lavori.

Mi preme portare all’attenzione di voi , fratelli miei l’importanza di un luogo che a volte non rispettiamo e non valutiamo appieno, ovvero la  Sala dei passi perduti.

Esso è il primo ambiente sacro nel quale inizia la dinamicità esoterica dei nostri lavori , non va confuso con il gabinetto di ricreazione ma con il luogo dove inizia il moto propulsivo dello spirito massonico , il posto dove la riflessione aiuta a liberarsi delle scorie terrene per incamminarsi più degnamente verso i lavori di loggia .Anche la dinamicità dello scorrere del tempo in essa , ci si giunge una mezz’ora circa prima dei lavori ,è vestigia di meditazione antica volta a cercare attraverso il silenzio iniziatico la concentrazione necessaria alla spiritualità dei lavori.

Tale carattere è posto in essere dal fatto che è luogo di abbigliamento di paramenti rituali,vestigia di tradizioni esseniche  quindi degno di massimo rispetto , ma allo stesso tempo luogo di sorveglianza da parte dei copritori esterni che hanno il compito di vigilare sui chi si appresta ad entrare in loggia perchè questo luogo da cui origina come già detto il cammino massonico è anche sede di arresto dello stesso similmente a quello che avvenne per Mosè il quale , avendo trascorso il suo periodo egizio da schiavo , e quindi non libero potè vedere la terra promessa ma non calpestare il suo suolo.
 
F.P.